Cucina napoletana

Un negozio di prodotti tipici napoletani e campani a Spaccanapoli
Bartolomeo Pinelli (17811835), Lazzari napoletani che mangiano maccheroni. Incisione.
Litografia tratta da un originale di Teodoro Duclère (18161869), intitolata Il tavernaio.
(NAP)

«'O purpo se coce dinto a ll'acqua soja.»

(IT)

«Il polpo si cuoce nella sua stessa acqua.[1]»

La cucina napoletana pone le sue radici storiche nel periodo greco-romano. Si è poi progressivamente arricchita nel corso dei secoli successivi, attraverso l'influsso cortigiano delle differenti dinastie che si sono susseguite al governo della città e del territorio circostante.[2]

Essendo stata, la città di Napoli, stabilmente sede di una corte fin dal XIII secolo, la sua cucina si è sviluppata e delineata su due frangenti, i quali esprimono una separazione ben definita tra una cucina prettamente aristocratica ed una popolare.[3] La prima, caratterizzata da piatti elaborati e di ispirazione internazionale, mentre, la seconda, strettamente legata agli ingredienti del territorio. A seguito delle rielaborazioni avvenute durante i secoli, e della contaminazione con la cultura culinaria più nobile, la cucina tradizionale napoletana possiede ora una vastissima gamma di pietanze.

  1. ^ Il proverbio, che prende spunto da una regola fondamentale della cucina dei polpi alla lucìana, si riferisce a quelle persone fastidiose e poco accorte che finiscono per essere vittime delle proprie (cattive) azioni. In qualche senso, ricorda il proverbio cinese: «Se hai un nemico, siediti vicino al fiume e aspetta. Prima o poi, vedrai passare il suo cadavere».
  2. ^ Maria Giovanna Fasulo Rak: La cucina napoletana, su vdocuments.mx.
  3. ^ Vedi anche l'articolo sulla storia della cucina campana Archiviato il 31 marzo 2008 in Internet Archive. dal sito emmeti.it Archiviato il 20 aprile 2008 in Internet Archive.. URL consultato il 14-05-2008.

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